domenica 6 settembre 2015

Giulia che visse due volte - parte 18 (ultima)

Grazie



Vidi Claudio ed Enzo molto contenti di vedere Luisa e me contenti. Enzo ci propose un piccolo giro “di prova”, in pratica circumnavigando il quartiere soprastante l’officina, dove sorge il complesso edilizio noto ai genovesi come “Biscione”, costruito da Daneri nel 1958 e lungo 540 metri. Un percorso un po’ a saliscendi, con qualche breve rettilineo (è un po’ così tutta la Liguria, no?). Io mi sistemai accanto ad Enzo, e Luisa sul divanetto posteriore. Un minimo giro di chiavetta e oplà, il bialbero si destò col suo consueto, meraviglioso tuono (avete letto bene, tuono, non suono). Enzo guida come tutti i meccanici esperti, tenendo entrambe le mani sul volante ad ore 9.15, ed usando molto le marce basse. Una volta scaldatosi il motore, Enzo tirò un paio di seconde in salita, e anch’io mi accorsi che l’auto girava piena, sicura, potente, prendendo i giri con regolarità. In un tratto, sempre in salita, Enzo poté addirittura lasciare la quarta, Giulia filava su liscia e non brontolava. In corso Sardegna poi notai una bella ripresa in sorpasso, con una scalata terza-seconda e poi un passaggio aggressivo seconda-terza. “Ora devi usarla, Umberto. Devi farla marciare. I freni, che ora sono un po’ spugnosi, freneranno sempre meglio. Sparirà anche questo lievissimo rumore proveniente, quando l’auto si corica un po’ in curva, dalle testine del braccio anteriore sinistro. Più la muoverai e meglio Giulia starà… Tienici informati, che così via via mettiamo a punto qualcosa che casomai non dovesse girare al meglio…”
Poi, per un secondo giro, guidai io, con Enzo accanto a me. Ma, a giudicare dai due diversi stili di guida, penso che Enzo su un circuito di gara potrebbe tranquillamente doppiarmi… Ma non importa, ciascuno ami e guidi Giulia un po’ come gli pare, viva le differenze, l’importante è amarla e guidarla. Comunque anch’io un po’ acceleravo e Giulia rispondeva a tono, poi frenavo e Giulia si bloccava in pochi metri. Giulia, pian piano ti riconosco. E tu mi riconosci? Dài, non stiamo invecchiando malaccio…
Grazie è una delle parole più belle del dizionario, e forse ormai una delle meno usate dalla gente, tutti nevrotici, tutti egocentrici, tutti sgarbati. Luisa ed io pensiamo che se Giulia potesse parlare direbbe un milione di volte “grazie” a coloro che, in quella piovigginosa mattina di novembre, l’hanno sottratta al fango e ridestata a nuova vita, perché la sua nuova vita è cominciata quel 21 novembre. Giulia che ora starà al calduccio in un altro box, assolutamente asciutto, assolutamente mai alluvionato. E ci farà compagnia per gli anni a venire, una gita a Varazze, una a Camogli, una a Rapallo, minime eppure immense gioie, per chi sappia provarle. Incontrerà Claudio ed Enzo ogni volta che sarà opportuno, e si ricorderà bene di loro, che le sono stati amici veri.
Uno perché strinse un patto col fratello, e di certo non intende infrangerlo, rispettare i patti è una delle cose più importanti della vita.
L’altro perché (parrà strano ma è così) quando dialoga con Giulia torna ventenne, riassapora la brezza tiepida della gioventù nella sua terra, con tutto il suo carico di ricordi.
Grazie, amici, Giulia vi vuole veramente bene (Luisa ed io siamo quasi gelosi!).
Grazie, amici, Luisa ed io vi vogliamo veramente bene (non dimenticheremo mai quel che avete fatto).
Luisa, la mia moglie adorata, alfista più fanatica di me e di voi messi insieme, vi fa un saluto con postura da allegro pilota durante uno dei primi giretti che abbiamo fatto con il bolide risanato (e un po’ rilucidato)…
La sommersa è riaffiorata dal buio alla luce. In data 16 luglio 2015, condottavi da “zio” Enzo, ha brillantemente superato il collaudo biennale.
Credo quia absurdum.





sabato 5 settembre 2015

Giulia che visse due volte - parte 17

La seconda vita di Giulia 

Luisa ed io, quel venerdì sera, ci sentivamo così elettrizzati che, cenando, continuammo a fare ripetuti cincin con piccolissime sorsate di vino. Che la notte passasse in fretta! La piccola grande Giulia era guarita.
Sabato 16 maggio, intorno alle 10.00 del mattino, Luisa ed io eravamo lì, con 3 bottiglie di Falanghina, un bel vino bianco del Sannio, una per Claudio una per Enzo una per Angelo, un altro amico di Giulia che, a prima vista, s’innamorò di lei. Ci sembrava il minimo, per omaggiare (aldilà di ogni aspetto economico) il lavoro indefesso che l’Officina Beta aveva prodotto per salvare Giulia. Il vino non è un regalo come gli altri, perché il vino – come la Giulia – “contiene” significati anche simbolici, il vino è storia, è cultura, è convivio, è savoir vivre (infatti io lo regalo non a tutti, ma solo a certe persone, chi vuol capire capisca). Spero che quelle bottiglie di Falanghina siano state all’altezza del lavoro di cui Giulia ha beneficiato.
"Zio" Enzo dell'Officina Beta mi attende per la restituzione di Giulia...
C’era tanta gente quel mattino in officina, per varie auto, ma un po’ tutti ammiravano Giulia. Luisa iniziò come al solito a scattare fotografie, io quasi non riuscivo a parlare, per l’emozione, ero davvero turbato, tutto mi sembrava ancora impossibile…
Ero gioioso di stare in mezzo a tutte quelle persone che avevano voluto bene a Giulia, e al tempo stesso avrei avuto bisogno di un attimo di silenzio, di restare un attimo da solo…
Mi tornavano alla mente tutti i momenti trascorsi con Giulia dal 1997, quando l’avevo acquistata… Non avrei mai immaginato che un giorno, povera magnifica amica mia, sarebbe finita sott’acqua, come in un film.
Ma se si guarda la prima foto scattata da Luisa, un raggio di sole picchia direttamente (giuro) sullo scudetto triangolare Alfa del frontale, come un segno non casuale, di buon augurio…

Il profilo che s'intravvede a sx è di Claudio Sabetta, titolare dell'Officina Beta

venerdì 4 settembre 2015

Giulia che visse due volte - parte 16

"Buonasera, vi informo che Giulia è tornata al suo splendore"
Volante e plancia in mogano della Giulia Nuova Super
Trascorse altro tempo, furono condotti a termine un’infinità di altri interventi, grandi e piccoli.
Fu sostituita la pompa dei freni.
Fu sostituita la pompa dell’acqua.
Furono revisionati tutti i percorsi elettrici della fanaleria (diede qualche problema il funzionamento delle frecce).
Una sorta di silicone “fissò” meglio le parti del corpo filtro aria.
Fu regolata la vite della bagagliera, in modo tale che il coperchio (in 18 anni mai stato fermo in posizione aperta) non cadesse e non decapitasse più l’ignaro passeggero.
Furono ripetutamente collaudate le pinze dei freni.
Insieme ad un collega di molti anni prima (di un’officina Alfa Romeo nella zona di Staglieno), che si presentò indossando una tuta d’epoca come per un rito, Enzo mise a punto la carburazione. Giulia è dotata di 2 carburatori doppio corpo, sulla mia si tratta dei Solex, ma altre Giulie montano i Weber o i Dell’Orto. L’anziano collega spiegò ad Enzo che il vacuometro ( * ) serve sino a un certo punto… Molto più efficace una tecnica, che gli spiegò passo passo, consistente nell’agire in precisa successione su alcune e non altre viti della carburazione. In quel modo le Alfa (e la Giulia) girano a meraviglia.
Furono attentamente esplorati gli “interni” delle portiere, i meccanismi delle manovelle finestrini…
Così – messo un po’ più alle strette - anche il tappezziere terminò il ripristino della selleria. La mia Giulia non ha la finta pelle/sky né il cosiddetto Texalfa, ma un bel panno beige chiaro con inserti in finta pelle nera. Non so se sia più raro, so che certamente è più piacevole alla vista! A quel punto, a Claudio ed Enzo non rimaneva che montarli e portare l’auto in carrozzeria, infatti mi fecero presagire che in una decina di giorni avrebbe potuto aver luogo…la mitica riconsegna di Giulia. Non che da loro Giulia stia male, eh, per carità! Ma, dopo 7 mesi, confesso che Luisa ed io avevamo voglia (per non dire necessità psicofisica) di qualche gita a velocità di crociera magari a Varazze, mia patria, o a Camogli, o a Rapallo… E (lasciatemelo dire) sono convinto che, al momento della riconsegna, anche Claudio ed Enzo soffriranno un po’ il distacco da Giulia, che grazie alle loro cure…ha tenuto loro compagnia per 6 mesi, progressivamente sempre più in forma, diventando una di famiglia.
Intanto, il suocero di Claudio, specialista di arredi da motoscafo, aveva preso in consegna il bel volante di Giulia. Facendosi preparare in farmacia un composto con acqua ossigenata, seppe con amore rinnovare l’Hellebore così bene che non l’avresti riconosciuto, degno della plancia di un “Riva” che trasporti miliardari sopra un lago. Si trattava, come si suol dire, dei tocchi finali, quelli che consentono a Claudio ed Enzo di lasciarti un SMS sul telefonino e poi di restituirti un’auto che, malgrado un’apnea di 42 giorni, pare quasi uscita di fabbrica in quel momento…
E così avvenne, infine, venerdì 15 maggio 2015, più o meno 7 mesi e una settimana dal giorno orribile dell’alluvione. “Buonasera, vi informo che Giulia è tornata al suo splendore, se volete sabato mattina siamo in officina!”
A Claudio risposi: “Non dimenticheremo mai quel che avete fatto. Non lo dimenticheremo mai”.
E Claudio mi controrispose: “Per noi è stato un piacere, e poi voi siete speciali! Grazie ragazzi”.

( * ) in meccanica il vacuometro serve per sincronizzare i carburatori o i corpi farfallati, altrimenti si hanno valori di vuoto differenti alle varie aperture, specialmente col pedale acceleratore in rilascio.


giovedì 3 settembre 2015

Giulia che visse due volte - parte 15

Una scritta in corsivo sulla testata
il mitico bialbero alfa romeo nel cofano della giulia
Tornammo all’officina dopo un’altra ventina di giorni. Enzo aveva già revisionato tutto il motore e riverniciato i pezzi uno ad uno, motore il quale infatti ri-troneggiava al centro del cofano, ed era stato meticolosamente ripulito anche il serbatoio benzina (*) , così che Claudio poté addirittura farci sentire una messa in moto. Guardare dentro quel cofano, pulito e perfetto, era già uno stupore.
Molti problemi aveva dato il motorino d’avviamento, cento pezzi tutti arrugginiti e come “raggrumati”, ma alla fine (per ora) Claudio l’aveva avuta vinta. Giulia partiva al primo giro di chiavetta, e già rombava rombava, anche se Claudio non sembrava ancora del tutto soddisfatto (Claudio ed Enzo sono incontentabili, e la carburazione delle Alfa la vogliono perfetta, costi quel che costi in termini di tempo e fatica…), del resto Claudio conosce bene me, ma ormai anch’io conosco bene lui.
Indubbiamente alcuni pezzi dovevano essere ricavati da altre Giulie, non esistevano alternative, per esempio il devioluci, la palpebra del cruscotto, le parabole dei fari… Qui e là in giro per il Paese si incontrano alcune vetture da “cannibalizzare”, non di rado al Sud (“Ruoteclassiche” qualche tempo fa ha ipoteticamente “censito” ancora marcianti in Italia solo un migliaio di Giulie), c’è poi un notevole mercato via internet, e poi c’è “Afra”, la famosa azienda specializzata di Settimo Milanese, dove si trova davvero tutto, originali e repliche.
Mi chiesero infine di dar loro una mano, portando io tutta la selleria all’artigiano, un anziano tappezziere, di cui tuttavia ignoravo l’esistenza. Me la caricai dunque in macchina e la consegnai all’artigiano, il quale inizialmente mi sparò un preventivo di 1.500 euro. Gli dissi apertamente che non potevo permettermi una simile cifra (da poltrone Frau?), e gli feci intuire che avrebbe dovuto scendere più o meno di un terzo, altrimenti tutta l’operazione economicamente “sballava”. Debbo purtroppo precisare che non sono rimasto troppo contento circa l’operato di questo artigiano, che prima ha impiegato mesi per ottenere (da Torino) una stoffa abbastanza simile all’originale, e poi, dopo aver sollevato cento difficoltà, ora sui sedili troppo malconci, ora sui poggiatesta, ora sulle manopole e i meccanismi di scorrimento (tanto da indurre Claudio, esasperato, a procurarsi di persona in Veneto dei begli interni di un’Alfa 2000 berlina), concluse il lavoro in modo un po’ frettoloso e non perfetto. In seguito, fu l’arte diplomatica di Enzo ad attenuare gli spigoli e le pretese economiche del tappezziere, il quale scese infine a più modiche pretese e “regalò” a Giulia i rifacimenti della cuffia cambio e della “lingua” nera che copre l’innesto del freno a mano nel tunnel...
Intanto, all’Officina, alcuni lavori proseguivano, era stato irrorato d’antirombo il fondo vettura, era stato poi definitivamente sostituito il motorino d’avviamento…, ma ovviamente i ritardi del tappezziere rischiavano di bloccarne altri, preludio del passaggio finale in carrozzeria per un paio di ritocchi e una lucidatura conclusiva...
Più il tempo passava (già la primavera iniziava a scaldare le giornate) più Luisa ed io, felici, traguardavamo la fine del restauro. Giulia nelle mani di Claudio ed Enzo sembrava un puzzle, smontato e rimontato, controllato e ricontrollato, se la minima cosa non andava…, via si rismontava e poi si rimontava, con un’ostinazione che poi è segno di grande coscienza professionale. Devo dire peraltro che già da inizio febbraio qualcuno avrebbe potuto gridare al miracolo, la carrozzeria presentava solo due minuscoli segni di ruggine oltretutto preesistenti all’alluvione, il motore dentro il cofano appariva come nuovo di zecca, pulito, lucente, col leggendario corsivo “Alfa Romeo” in bella vista sulla testata (che alcuni dipingono di rosso), l’auto pareva quasi sul punto di rientrare in pista.
(*) nel 2013 Claudio ed Enzo avevano già posizionato un filtro nei condotti dell’alimentazione, affinché nessuna impurità pescata dal serbatoio finisca nel motore



mercoledì 2 settembre 2015

Giulia che visse due volte - Parte 14

Un ricamo punto croce

E ammucchiati in un angolo vedo i sedili e i poggiatesta, totalmente da rifare, anche il divano posteriore, che – poverino - era seminuovo ma per rimuovere il fango si è dovuto lungamente raschiarlo con vigoria.


Il cofano motore è sudicio da far paura, acqua e fango sono penetrati dappertutto, ci saranno da rivedere il servofreno, tutti gli ingranaggi, i carburatori, i filtri, tutti i fili elettrici, tutte le vaschette dei liquidi freno e frizione, insomma…tutto. Ricordo come fosse oggi anche l’acqua giallastra, e densa e torbida come brodo, che stagnava dentro le parabole dei fari, dettaglio forse poco importante, però ai miei occhi testimoniava tutta la putredine che Giulia aveva dovuto bersi, e che in parte ancora stagnava dentro di lei, quasi infettandola…


Ma vedemmo che Claudio ed Enzo stavano via via già smontando tutto, con la precisione implacabile dei chirurghi, come orologiai svizzeri (io penso, e gliene sono grato, che in quei primi giorni abbiano dedicato quasi tutte le giornate interamente a Giulia). La moquette grigio scuro ad esempio era già stata tutta rimossa e lavata, stava asciugando e pareva esser venuta davvero bene, piccola cosa ma grandemente di buon auspicio. Stavano inoltre valutando quali parti recuperare e quali sostituire, ad esempio la strumentazione del cruscotto – i mitici strumentoni circolari della Veglia - era probabilmente compromessa, si poteva (con grande difficoltà) pulirla e ripristinarla, ma esisteva il rischio che poi non funzionasse a dovere…


Mi informarono infine che il fondo vettura presentava una piccola “feritoia” dovuta a corrosione, il carrozziere l’avrebbe poi chiusa, a tempo debito, con una pezza in lamiera.


E, prima che Luisa ed io ce ne andassimo, ricordo come fosse oggi un loro gesto di tenerezza, poggiarono sul parabrezza il panno blu “Giulia is back” a suo tempo ricamato da mia moglie a punto croce nel tipico corsivo Alfa degli anni ’60-‘70.

venerdì 31 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 13

Anatomia di Giulia


Per prima cosa, oltre alle sommarie pulizie iniziali atte a rimuovere il grosso del fango e del sudiciume, Enzo si dedicò proprio al motore, al cuore di Giulia, anche lì – manco a dirlo - era entrata acqua. Lo aprì e lo revisionò interamente, pezzo dopo pezzo. Il gioiello che si vede nella foto sottostante è il risultato di alcune giornate di lavoro, in cui Enzo profuse tutta la sua pazienza e la sua intelligenza.


Abbiamo naturalmente le foto di tutti quei primi – quasi drammatici - sopralluoghi in officina… Giulia ha l’abitacolo vuoto, fa impressione vedere la scocca (uno scheletro nudo), i grovigli di fili che corrono in tante direzioni, sembra un corpo umano smagrito, con gli arti spezzati, con le vene impazzite, con la pelle devastata, che attende l’intervento chirurgico d’urgenza. Ti sembra di non recuperare un senso, di non riuscire a ricostruire l’immagine di Giulia… Qualche dettaglio è ancora bellissimo, ad esempio il pannello interno della portiera con le manopole cromate, ma anche la foto è un filino mossa, perché la mano stessa di Luisa tremava…


giovedì 30 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 12

Giulia in clinica

Gli impegni di lavoro non permisero né a Luisa né a me di salire all’Officina Beta tanto quanto avremmo desiderato. Però andavamo a far visita a Giulia più o meno ogni 15-20 giorni, anche se non volevamo dare ai nostri angeli custodi la sensazione di metter loro fretta. Claudio ed Enzo dovevano necessariamente lavorarci quasi “a tempo perso”, perché se si fosse ragionato in termini di ore di manodopera (oltre ai pezzi da trovare e sostituire) il recupero sarebbe risultato economicamente insostenibile. Claudio mi fece un preventivo da amico, esclusi i sedili (che sarebbero stati affidati a un artigiano specializzato), e io gli dissi che a quelle condizioni potevo starci, erano più o meno il valore di mercato dell’auto (si veda ad esempio il listino del mensile “Ruoteclassiche”). Claudio aggiunse: “In tutta franchezza, alla fine avrai un’auto molto più nuova rispetto a ciò che era prima dell’alluvione. Per quanto riguarda la carrozzeria, converrà per il momento fare solo qualche minimo ritocco, e attendere un annetto per vedere dove fiorirà la ruggine, dato che 42 giorni là sotto non le hanno certo giovato…”
Non oso neanche immaginare quanto fango e quanta schifezza abbiano dovuto togliere per giorni e giorni, con pale e palette. Ovviamente non si era trattato di un bagnetto in acque limpide. Le acque fangose del Bisagno contengono ogni genere di sozzura, tanto che in soli 2 giorni su una chiave inglese, adoperata il primo giorno di lavoro nel vano motore, subito fiorì la ruggine. Inoltre, in certi punti si può lavorare un po’ più agevolmente (si fa per dire), ma dentro un cofano motore ci vuole una pazienza da asceti.
Però, lasciatemelo dire, quando vedevamo Giulia issata sul ponte, sembrava sul punto di tornare a volare, sembrava, con quel suo profilo dinamico e slanciato, che avesse una voglia matta di correre in avanti, come sempre e ancora di più…