venerdì 31 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 13

Anatomia di Giulia


Per prima cosa, oltre alle sommarie pulizie iniziali atte a rimuovere il grosso del fango e del sudiciume, Enzo si dedicò proprio al motore, al cuore di Giulia, anche lì – manco a dirlo - era entrata acqua. Lo aprì e lo revisionò interamente, pezzo dopo pezzo. Il gioiello che si vede nella foto sottostante è il risultato di alcune giornate di lavoro, in cui Enzo profuse tutta la sua pazienza e la sua intelligenza.


Abbiamo naturalmente le foto di tutti quei primi – quasi drammatici - sopralluoghi in officina… Giulia ha l’abitacolo vuoto, fa impressione vedere la scocca (uno scheletro nudo), i grovigli di fili che corrono in tante direzioni, sembra un corpo umano smagrito, con gli arti spezzati, con le vene impazzite, con la pelle devastata, che attende l’intervento chirurgico d’urgenza. Ti sembra di non recuperare un senso, di non riuscire a ricostruire l’immagine di Giulia… Qualche dettaglio è ancora bellissimo, ad esempio il pannello interno della portiera con le manopole cromate, ma anche la foto è un filino mossa, perché la mano stessa di Luisa tremava…


giovedì 30 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 12

Giulia in clinica

Gli impegni di lavoro non permisero né a Luisa né a me di salire all’Officina Beta tanto quanto avremmo desiderato. Però andavamo a far visita a Giulia più o meno ogni 15-20 giorni, anche se non volevamo dare ai nostri angeli custodi la sensazione di metter loro fretta. Claudio ed Enzo dovevano necessariamente lavorarci quasi “a tempo perso”, perché se si fosse ragionato in termini di ore di manodopera (oltre ai pezzi da trovare e sostituire) il recupero sarebbe risultato economicamente insostenibile. Claudio mi fece un preventivo da amico, esclusi i sedili (che sarebbero stati affidati a un artigiano specializzato), e io gli dissi che a quelle condizioni potevo starci, erano più o meno il valore di mercato dell’auto (si veda ad esempio il listino del mensile “Ruoteclassiche”). Claudio aggiunse: “In tutta franchezza, alla fine avrai un’auto molto più nuova rispetto a ciò che era prima dell’alluvione. Per quanto riguarda la carrozzeria, converrà per il momento fare solo qualche minimo ritocco, e attendere un annetto per vedere dove fiorirà la ruggine, dato che 42 giorni là sotto non le hanno certo giovato…”
Non oso neanche immaginare quanto fango e quanta schifezza abbiano dovuto togliere per giorni e giorni, con pale e palette. Ovviamente non si era trattato di un bagnetto in acque limpide. Le acque fangose del Bisagno contengono ogni genere di sozzura, tanto che in soli 2 giorni su una chiave inglese, adoperata il primo giorno di lavoro nel vano motore, subito fiorì la ruggine. Inoltre, in certi punti si può lavorare un po’ più agevolmente (si fa per dire), ma dentro un cofano motore ci vuole una pazienza da asceti.
Però, lasciatemelo dire, quando vedevamo Giulia issata sul ponte, sembrava sul punto di tornare a volare, sembrava, con quel suo profilo dinamico e slanciato, che avesse una voglia matta di correre in avanti, come sempre e ancora di più…

mercoledì 29 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 11

Zio Enzo

Claudio Sabetta in officina ha fra i collaboratori Enzo, al quale davvero si addirebbe la qualifica di “maestro”, come si diceva una volta di coloro, gli artigiani in primis, i quali detenevano una sapienza professionale d’incalcolabile valore. Molti motori per lui non hanno segreti. Lo trovi sempre – calmo, garbato, razionale - alle prese con cilindri, valvole, bielle, ha un’esperienza incredibile, e una meticolosità certosina. Una volta è il bialbero di Giulia, un’altra volta è una Fiat 500 di quelle che non muoiono mai, o una Mini Morris con le “allucinanti” fiancate di legno, un’altra ancora è un favoloso Mercedes 3000 iniezione degli anni ’60, in livrea azzurrina… Quando smette la tuta, ama intensamente la dimensione famigliare, la vita non ha smesso di riservargli giorni più che duri, ma adesso la figlia frequenta l’ultimo anno per O.S.S. all’istituto professionale “Duchessa di Galliera” e gli sta regalando soddisfazioni una dietro l’altra, Enzo te ne parla come se in quel momento la figlia fosse parte fisica di lui, fosse lì con lui, e gli rendesse più possibile e sorridente tutto l’avvenire.
L’Officina “Beta”, infine, è in realtà anche un “ritrovo” di amici e di appassionati, Angelo, persona vivacissima e ironica, Giuseppe, cortese di una cortesia che profuma d’altri tempi…, amici che condividono l’amore per la meccanica e per certe auto, una ovviamente è Giulia, e che magari danno una mano nel trovare su internet un pezzo di ricambio (*) … Suppongo però che alcuni ci vadano periodicamente anche per i calendari alle pareti, dato che dappertutto trionfano gnocche fantastiche e – per fortuna - molto poco vestite…
Ho scritto prima che Claudio ed Enzo hanno entrambi con Giulia un rapporto particolare. Claudio perché a fine anni ’90 mi mise a posto la catena di distribuzione, e in quei giorni – che rievoca come felici e fruttuosi - sancì anche un patto con uno dei fratelli, ovverosia non dimenticare nessuna delle auto che nel tempo avrebbero sistemate, e (ove fosse necessario) non abbandonarle mai, soccorrerle sempre.
Enzo perché quando mette in moto Giulia ripercorre la propria giovinezza, gli anni in cui debuttò nella concessionaria Alfa Romeo di Gioia Tauro, in Calabria, invaghendosi di quei motori, di quel rombo ineguagliabile. Quando mette in moto Giulia gli occhi gli si riempiono di qualcosa che, se per un momento li sai guardar bene, ti porta verso una lontananza affettuosa, verso la dolcezza di una nostalgia, verso l’impegno a far bene il proprio lavoro.
Io racconto di queste persone perché in un Paese civile bisognerebbe far di tutto affinché la loro sapienza non vada perduta, Enzo dovrebbe tenere lezioni a scuola e nei centri di formazione professionale, insegnare a gruppi di giovani apprendisti, trovare nelle istituzioni un soggetto che lo aiuti a trasmettere tutto il suo mestiere… Ma queste cose le penso io, che purtroppo non conto nulla, e l’Italia rimane il Paese sottosopra di sempre.

( * ) basti l’esempio delle candele a 4 punte Lodge golden 2HL che montava la Giulia, necessarie per le caratteristiche di testata, compressione, accensione… Queste particolari candele provenivano dalla storica sede della SPICA di Livorno, una azienda anch’essa appunto del gruppo IRI Finmeccanica. Poi la SPICA diventò TRW e cessò di produrre candele, cosicché gli ultimi stock prodotti, ormai delocalizzati, non hanno –secondo molti- la qualità dei precedenti. Oggi ovviamente queste candele si trovano con grande difficoltà e costano un occhio della testa, è bene dotarsi dunque, in base al tipo di vettura, dei possibili sostituti (NGK, Beru…)

venerdì 24 luglio 2015

Giulia che visse due volte - parte 10

L'Officina "Beta"


Conobbi Claudio Sabetta nella sua officina di via Robino a fine anni '90, perché mia sorella e mio cognato all’epoca abitavano lì accanto, e gli affidavano periodicamente la manutenzione di una Fiat 500. Claudio e il suo staff infatti sono anche specialisti di auto d’epoca. Le loro grandi capacità, e la rete di fornitori dove reperiscono pezzi di ricambio eccetera, ne fanno un gruppo di lavoro di straordinaria efficienza (l'officina non è ampia, può lavorare 3-4 vetture per volta, ma il viavai è non a caso intensissimo).
Claudio scherzosamente si definisce “l’unico ladro fra gli sbirri”, perché il padre e la madre, ieri, e i fratelli, oggi, appartengono tutti alle forze dell’ordine. Il padre, guarda caso, conduceva le Giulie dei Carabinieri, le famose pantere “Super” (motore di 1570 cc), protagoniste di tanti inseguimenti…
Dalla fine degli anni ’90, perciò, l’Officina “Beta” è la soluzione ai (pochi) problemi di Giulia. A loro la affido anche per le revisioni biennali, che Giulia – malgrado la venerabile età - supera sempre a passo di carica.
Claudio è una persona estremamente positiva e dinamica. Trasmette vitalità, trasmette energia di segno +, sa guardare sempre avanti, gli piace risolvere, aggiustare, riparare, superare le difficoltà, gettare il cuore oltre gli ostacoli. Qualche anno fa, nonostante la giovane età, ha affrontato all’improvviso un grave problema di salute, che lo ha reso, se possibile, ancor più proiettato in avanti, e più capace di attribuire alle cose il loro giusto peso (attribuendone poco o niente a quelle che non ne meritano). Quando smette la tuta da meccanico veste i panni del padre di famiglia, e una prole ancora giovanissima gli “riempie” il weekend di impegni inderogabili! La donna che oggi dà pienezza ai suoi giorni lo vuole coinvolgere anche in un corso di cucina, idea secondo me quanto mai azzeccata, le mani di Claudio infatti sono risorse, ora possono essere precisione, ora creatività, ora risolutezza. Lo vedrei davvero bene ad affettare una julienne di verdure o pestare un bel marò di fave al mortaio, in quel caso potrei fargli io da insegnante…

giovedì 23 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 9

Vernissage a Fonteblanda...


Questo modello, che poi nell’ottobre 1977 chiuse 15 anni totali di gloriosa produzione Giulia, fu presentato a Fonteblanda nella tarda primavera 1974 (quell’anno peraltro fu "luttuoso" per l’Alfa, morì Orazio Satta Puliga, uno dei creatori di Giulia, e se ne andò sbattendo la porta il geniale presidente Giuseppe Luraghi). Ne furono prodotti, escludendo gli infelici 6.573 esemplari con motore diesel Perkins, ben 97.764 esemplari, ancora un buon risultato, tenendo anche conto della crisi petrolifera e della conseguente austerity che depresse l'Italia. Le differenze con le Giulie precedenti erano di fatto solo “estetiche”, per addolcire e ingentilire alcuni “spigoli” ormai un po’ datati, arricchendo inoltre il veicolo di optional - curiosamente obbligatori - così da garantirgli un avvicinamento alla classe 2000 cc e una ripresa di vendite in vista della progressiva uscita dal mercato: nuova calandra in plastica nera con “baffo” orizzontale cromato, scudo Alfa più largo, 4 proiettori di uguale diametro, nuovi paraurti con rostri di gomma nera e luci di posizione bianche sottostanti, feritoie anteriori in basso per l’aria, coppe ruote con impresso in “argento” lo stemma Alfa, tergicristalli tutti neri, cofani lisci, nuova scritta identificativa posteriore (senza il nome Giulia!), più massiccio utilizzo di materiali fonoassorbenti, moquette sul pavimento, sedili ridisegnati (anteriori dotati di poggiatesta regolabile, optional obbligatorio), pannelli portiere con solchi verticali, plancia in mogano con parte inferiore nera, volante a calice più pronunciato (optional obbligatorio), lunotto termico (optional obbligatorio), blocchetto di avviamento (con starter e acceleratore manuale) spostato sulla destra del piantone, strumentazione leggermente aggiornata e con orologio (optional obbligatorio), nuova consolle centrale in mogano (discendente sino al tunnel di trasmissione) con comandi climatizzazione, due nuove bocchette d’aria regolabili, termometro acqua, manometro olio, leva cambio, posacenere con accendisigari, levette di tergicristallo (2 velocità), illuminazione cruscotto e ventilatore (2 velocità). A richiesta si potevano infine avere il motore 1600 (che sino alla quarta marcia proponeva peraltro le stesse prestazioni del 1300), la vernice metallizzata, le ruote maggiorate 165 R 14.
A Genova, dove la prima nuova Giulietta, quella dalla linea a cuneo, recava la targa GE688…, circolò qualche Giulia con primo numero di targa 7, a testimoniare che alcuni irriducibili preferirono le ultime Giulia alle prime Giulietta, e col senno di poi (dato che in gioventù guidai per 6 anni una Giulietta 1.3) mi dico che non ebbero torto… La Giulietta in versione 1.3 non fu difatti un successo né per quanto riguarda il motore (un 1357 cc non troppo brillante), né per i consumi (eccessivi a causa del peso vettura * ), né per la manovrabilità del cambio (retrospostato in blocco col differenziale), né per l’avviamento (difficoltoso a caldo e con tempo umido), né per le rifiniture (famigerate le serrature e i pulsanti delle sicure!), né per la resistenza alla ruggine, che ad esempio fioriva alla base del parabrezza. Maldestro infine il primo serbatoio della benzina (poi sostituito dalla casa), originariamente costruito con un materiale che accartocciandosi segnava il pieno anche quando il carburante stava per finire… Mio padre restò in panne ad Arenzano per questa ragione, un attimo dopo essersi detto “ma come consuma poco quest’Alfa!”... Cose che sulla Giulia, prodotta dal 1962 al 1977, secondo me non sarebbero mai accadute.

* la Giulietta pesava quasi un quintale più della Giulia

mercoledì 22 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 8

La scheda tecnica dell'Alfa Romeo Giulia Nuova Super 1300 (anni 1974-1977)


La Giulia Nuova Super 1300 (modello 115.09S, sigla motore AR00530S) monta un motore 4 cilindri in linea, alesaggio e corsa 74x75 mm. Traggo gran parte dei dati seguenti dal bel volume di G. Catarsi, Le vetture che hanno fatto la storia. Alfa Romeo Giulia, ed. Nada (Milano), 1995, che suggerisco a tutti gli appassionati anche per il bel corredo di foto.
Ha una cilindrata di 1290 cmc, e sviluppa 89 cavalli DIN a 6.000 giri/minuto (11 in più della prima versione Giulia 1300). La coppia massima è 14 mkg a 3.200 giri. Il rapporto di compressione è 9:1. La testa dei cilindri è in lega leggera, smontabile, camere di scoppio emisferiche. Due le valvole per cilindro, in testa, inclinate a 80°. La distribuzione è la mitica bialbero a camme in testa, comandata da una doppia catena silenziosa anteriore ed ingranaggi. Il basamento è in lega leggera, con canne in ghisa smontabili. L’accensione è garantita da spinterogeno con anticipo automatico centrifugo e correttore pneumatico. Impianto a 12 volts, alternatore 420 watt, batteria ottimale 50 ampère. L’alimentazione consta di 2 carburatori orizzontali doppio corpo, dal 1974 si tratta dei Solex C40 ADDH 1 (in alternativa i Weber o i Dell’Orto). Filtro aria a secco, pompa carburante meccanica. La lubrificazione è a circolazione forzosa con filtro cartuccia a rapida sostituzione (capacità circa 6,5 kg). Il raffreddamento è a liquido, con circolazione forzosa parzializzata da termostato e radiatore (capacità circa 7,5 litri). La trasmissione consta di frizione monodisco a secco con molla a diaframma e comando idraulico. Cambio a 5 marce tutte sincronizzate, leva a cloche. L’albero di trasmissione è in due sezioni con due giunti cardanici e uno elastico, coppia conica ipoide. Il ponte posteriore è a tipo rigido, con rapporto riduzione 9/43. La vettura monta all’origine pneumatici 155 SR 15 o, opzionali, 165 SR 14 con riduzione 10 mm della carreggiata. Il tipo di telaio presenta scocca metallica autoportante e struttura progressivamente differenziata, per deformarsi gradualmente proteggendo i passeggeri nell’abitacolo. L’abitacolo è omologato per 5 persone (la prima Giulia, la TI del 1962, con sedile anteriore a panchetta e cambio al volante, era omologata per 6). Le sospensioni anteriori sono indipendenti, trapezi trasversali oscillanti a bracci di spinta triangolati, molloni elicoidali, ammortizzatori idraulici telescopici non coassiali, barra stabilizzatrice. Le sospensioni posteriori sono ad assale rigido, bracci longitudinali di spinta e reazione, molloni elicoidali, ammortizzatori idraulici telescopici coassiali, stabilizzatore a croce. Frenatura a disco Ate a doppio circuito sulle 4 ruote, comando idraulico, servofreno a depressione e limitatore automatico di frenata al retrotreno. Il freno a mano agisce sulle ruote posteriori. Lo sterzo può essere a circolazione di sfere o a vite e rullo. Il serbatoio benzina può contenere fino a 46 litri. La vettura pesa in ordine di marcia circa 1010 kg. Passo 2510 mm. Carreggiata anteriore 1324 mm, carreggiata posteriore 1274 mm. Altezza 1430 mm. Lunghezza 4185 mm. Larghezza 1560 mm. Velocità massima dichiarata oltre 165 km/h. Consumo normalizzato 8-9,9 litri/100 km.

martedì 21 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 7

Un'antica fedeltà
Un poco di luce dentro un buio abitacolo fangoso
Amo Giulia perché mi riporta a mio padre (alfista per tutta la vita, ne possedette una, 1300, targata SV 86589), perché la trovo avvenente come linea (l’abbia o meno disegnata il vento…), splendidamente rétro nel volante e nella plancia di mogano, e sbalorditiva nelle prestazioni (motore, freni, tenuta). La amo perché il rombo del suo bialbero camme in testa è un canto, perché non tradisce mai, perché trionfava perfino nelle corse, è il simbolo di un’Italia migliore, che anticipava di decenni la concorrenza (la Giulia TI è del 1962!), ed è un frammento della mia adolescenza, gli anni ’60 e ’70, mille ricordi, mille spensieratezze, la mia famiglia al completo…
Penso però di poter affermare che poche auto siano rimaste tanto impresse nell’immaginario collettivo quanto Giulia. Giulia è un mito non perché dominava i film poliziotteschi, dove fu trionfatrice in decine e decine di inseguimenti, ma perché la sua qualità costruttiva non aveva eguali, il motore (1290 cc per 89 cavalli), i freni a disco servoassistiti, il cambio, e tutto il resto. Cercate un difetto? Forse uno solo: il comando dei tergicristalli sul tunnel centrale, scomodo, forse già allora un po’ anacronistico. E basta.
Su Giulia possiedo tanta documentazione (dal libretto d’uso sino a vari entusiastici volumi persino in lingua inglese), e sono socio del Registro Italiano Giulia, meritorio sodalizio che organizza raduni e iniziative di cultura motoristica.
Ovunque di Giulia non si parla che magnificamente, e persino alcune pubblicità e film recenti l’hanno ri-celebrata, a puro titolo d’esempio una pubblicità di COOP Suisse (dov'è condotta da un arzillo vecchietto), e il divertente film “Noi e la Giulia” di Edoardo Leo, con ricco e ottimo cast.
Controllate poi su youtube i video che la riguardano, sono centinaia, perché centinaia sono gli innamorati di Giulia in tutto il mondo, dalla Germania agli Stati Uniti a Israele…
Fra questi innamorati, tra l’altro, c’è da 18 anni anche Luisa. Infatti, il 27 dicembre 1997 mi fidanzai con la luminosa ragazza che poi sarebbe diventata mia moglie. Luisa. Inutile dire che quando presentai Giulia a Luisa…, si piacquero subito. Inutile dire che il 16 aprile 2000 ci sposammo e il viaggio verso il ristorante di Savignone lo effettuammo in Giulia.
Quando Giulia finì alluvionata, mia moglie – cuore immenso, Cuore con la c maiuscola - non prese neanche un attimo in considerazione l’ipotesi di demolirla. Non ne volle mai sapere, non ne volle mai neanche sentir parlare, la sola idea la faceva infuriare. “Giulia ritornerà con noi”, disse costantemente, per 42 giorni (e Luisa, quando ci si mette, sa esser molto cocciuta, vi prego di credermi).

domenica 19 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 6

La signora Giulia
La moglie e l'amante
La Giulia di cui racconto è una Nuova Super 1300 dell’anno 1976, nacque ad Arese, compie gli anni ogni primo di marzo. La comprai nel giugno 1997, quando una signora di Celle Ligure, rimasta vedova, la mise in vendita. Ebbe prima di me quell’unico proprietario, Ferdinando Z., un molisano classe 1930, dunque – povera creatura - morto assai precocemente. La pagai 3 milioni di lire, l’auto era complessivamente in buone condizioni sia come meccanica sia come carrozza. Necessitava di qualche minimo intervento e, in prospettiva, di un rifacimento dei sedili anteriori, alquanto consumati. Andai a ritirarla con Giovanni A., mio grande amico di gioventù, possessore di una Spider 2000 verde inglese, il quale – quando sentì Giulia in moto – mi bisbigliò “Guarda che se non la compravi tu la compravo io”. Giulia era per me un amore non recente, avevo adocchiato una bellissima Nuova Super 1600 grigio indaco già nel 1993, targata PG, la richiesta era di appena un milione di lire, ma poi avevo desistito perché trovare un box ecc. in quel momento mi risultava disagevole. Vi fu poi la lunga malattia di mio padre, dal ‘94 al ‘96, e tante altre storie anche sentimentali poco belle a ricordarsi e raccontarsi, meglio dimenticarle e tacerle.
Acquistai dunque Giulia, per la verità, in uno dei momenti più difficili della mia vita. Intendo dire sia dal punto di vista umano (la perdita di mio padre, avvenuta l’anno prima) sia professionale (avevo dovuto ad aprile abbandonare una proficua posizione di lavoro presso un’importante azienda bolognese a causa dello stress psicofisico). Quell’estate, vissuta al “chiuso” in un box del quartiere di Marassi, fu una delle più felici che io rammenti. Giulia mi riportò alla vita. Comprai il necessario (mastice, Ferox, cere…) e mi dedicai con cura e passione a tutta una serie di piccoli lavoretti di cui l’auto necessitava. Ripeto, piccolissimi interventi (sostituire una vite, lucidare una cromatura…), io infatti non avrei di certo le competenze per effettuarne di più impegnativi, ma a settembre Giulia appariva più in forma che mai. Poco dopo, infatti, superò senza alcun problema la prima di tante revisioni.
Nello stesso periodo, ad un mercatino di brocante in quel di Nizza Monferrato trovai anche il libretto originale di uso e manutenzione, mi chiesero 60mila lire, ma poi me lo vendettero per 20. Il libretto è prezioso perché contiene in dettaglio anche l’impianto elettrico della vettura.

venerdì 17 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 5

Piovigginava un'acqua grigia e fredda


Luisa iniziò a far filmati e a scattare fotografie. Vedendo in quali condizioni pietose era l’auto, mi prese un attimo di sconforto, chinai il capo, mi si inumidirono gli occhi (filmati e foto mi tradiscono…). Il viso di Enzo era nuovamente il ritratto della pena, gli riuscì solo di dirmi “Si era arrugginito il bloccasterzo, il bloster, meno male che avevamo dell’olio lubrificante…”.



Ma Claudio rallegrava l’atmosfera con le sue battute (“Luca, ha detto Umberto se gliela porti un attimo all’autolavaggio…”), poi mi guardava e scuoteva anche Luisa (“Non fare così! Non fare così!”). Sorrideva, si capiva che non vedeva l’ora di cominciare il restauro. Pompava in noi il suo coraggio.


Dopo qualche minuto, terminata l’imbragatura, Luisa ed io stringemmo la mano a tutti e Giulia partì in carro attrezzi verso l’Officina “Beta”. Mentre il posteriore si allontanava, notammo che qualcosa l’aveva scontrata, forse un grosso ramo, chi lo sa, solo un lieve colpo alla targa e ad un portaluce della targa, piccola cosa per fortuna.
Luisa ed io ci stringemmo l’una all’altro, piovigginava un’acqua grigia e fredda, ma le parole di Claudio erano sincere, erano fortissime, adesso con un po’ di pazienza – ne eravamo sicuri - avremmo potuto assistere ad un miracolo.
Come regalo di Natale chiesi in dono a Luisa una piastrina d’argento, sulla quale fosse incisa la frase latina “credo quia absurdum”, ci credo perché è impossibile, ci credo proprio perché secondo logica non potrebbe accadere. Ci credo perché intendo crederci con tutto il cuore, e basta.

giovedì 16 luglio 2015

Giulia che visse due volte - parte 4

L'amicizia
Claudio, Enzo e Giulia risalgono dal buio
Due giorni dopo Claudio ed Enzo scesero in scooter da via Robino per sincerarsi “dal vivo” di quel bello spettacolo… Si avviarono a piedi con un’impiegata di Corte Lambruschini. Io, senza stivali adatti, li accompagnai giù solo per un tratto. La luce fioca era quella dei gironi danteschi, ovunque fango, detriti e puzza, ogni tanto un muletto al lavoro o il tonfo rumoroso di qualcosa, poi un giovane operaio il quale, saputo che ero il proprietario della Giulia, esclamò “Noooo! Peccato! Era bellissima! Sa, io sono un alfista…” Non so che sguardo, tra il disperato e il furioso, gli lanciai, ma dentro il cuore mi dicevo “Se c’è solo un grammo di possibilità io ci provo. Con Luisa e i pazzi della “Beta” io ci provo… Badate che non mi garba arrendermi…”
Quando tornarono su (in verità il viso di Enzo era il ritratto della pena) mi ribadirono che bisognava tirarla fuori il prima possibile, ma Claudio aggiunse anche “La rifacciamo più nuova di prima!”
Claudio ed Enzo sono così, sono persone che ci mettono il cuore, per questo ci piacciamo. Con Giulia, poi, hanno entrambi un rapporto particolare, più avanti vi spiegherò perché.
Allora scese in campo Luisa, che quando si tratta di stressare non necessita di insegnamento alcuno: Luisa iniziò a telefonare agli uffici ogni giorno, chiedendo: “Possiamo scendere col jeeppone a tirarla fuori?” Oppure chiedendo: “Quando possiamo finalmente scendere col jeeppone e tirarla fuori?” Oppure ancora: “Ora possiamo scendere col jeeppone e tirarla fuori?” E infine, come se quella frase gliel’avesse suggerita un avvocato: “Come mai non è ancora possibile scendere col jeeppone e tirarla fuori?”
42 giorni dopo l’alluvione, il 21 novembre 2014, intorno alle ore 10.00, firmai una manleva negli uffici e con Luisa mi sistemai davanti all’ingresso di Corte Lambruschini, finché vedemmo arrivare Luca, l’uomo del carro attrezzi, il suo nome suona simile alla parola “luce”, e Luca è un marcantonio col sorriso simpatico e la sigaretta perenne, uno che (ormai lo conosco) ti carica la Giulia sul carro e te la consegna dove vuoi e come vuoi… Uno che attende in superficie, per riportare le Giulie alla luce.
Pochi minuti dopo, infatti, un jeeppone LandCruiser turbo con Claudio al volante riemergeva dagli abissi. Trainava una Giulia blu, violentata e offesa ma non per questo meno bella o meno vittoriosa. Al volante, Enzo (e chi meglio di lui?). Quando dalla salita riapparvero lo scudetto Alfa e i 4 fari del frontale, qualcosa mi scoppiò nel cuore, avrei voluto abbracciare tutte quelle persone che si stavano affannando per Luisa e per me. Che quel mattino avevano chiuso l’officina pur di cominciare il salvataggio di Giulia… E lo facevano anzitutto per amicizia, per sfida contro la bruttezza del buio e del fango, contro l’iniquità della vita, e per qualche valore spirituale che non si può più di tanto raccontare, ma è la sola cosa che dà un significato alle esistenze.

venerdì 10 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 3

I giorni dell'attesa

Da quel momento iniziarono i giorni dell’ansia, i peggiori. Giù per motivi di sicurezza non consentivano di scendere, e circolavano voci sempre più deprimenti, che l’acqua fosse entrata come un fiume in tumulto, che le autopompe dell’autorimessa fossero andate in tilt, che le auto avessero galleggiato, e cozzato le une contro le altre come in un funebre autoscontro… Leggende o realtà, non lo so...
Su internet cercavo siti che raccontassero il recupero di auto finite sommerse, alcuni erano rincuoranti, ma altri molto meno (finii anche, lo confesso, su siti di vendita d’auto d’epoca, qualora Giulia non fosse stata recuperabile…).
La mia speranza, tuttavia, era che al piano -4 l’urto fosse stato meno brutale, inoltre Giulia era posizionata in un punto parzialmente “protetto” da 2 muri, che forse potevano aver smorzato la furia dell’inondazione. Chi lo sa, la speranza è sempre l’ultima a morire e non costa niente…
Dopo qualche giorno, transitando in zona, cominciammo a vedere delle autopompe esterne al lavoro, e incessante un getto d’acqua e fango che fuoriusciva da quelle buie viscere sotterranee, però ci chiedevamo quanti giorni sarebbero occorsi per completare l’opera…, hai voglia a svuotar tutti i piani… Ci assaliva regolarmente un senso di impotenza. Un’ulteriore beffa era rappresentata dai vicini parcheggi sotterranei di piazza della Vittoria i quali, costruiti con rampe rialzate, non si erano allagati…
Dopo un paio di settimane cominciammo anche a telefonare agli uffici (ne era stato creato uno appositamente per i mezzi alluvionati), ma il tempo passava senza grandi novità, una telefonata dopo l’altra… Svuotare tutti i piani era un’operazione lunghissima… Via via ci dissero che alcuni addetti ai lavori erano scesi, scattando fotografie alle auto, così che i proprietari potessero rendersi meglio conto della situazione e valutare il da farsi. Presumo, col senno di poi, che molti abbiano optato per la demolizione, non a caso in quei giorni piazzale Kennedy alla Foce si riempì velocemente di carcasse da rottamare, e qualcuna penso che provenisse dal parcheggio di Corte Lambruschini…
Quando ci informarono che tutte le auto erano infine state fotografate e le relative immagini rese disponibili su un computer, ci recammo a vedere cos’era accaduto alla nostra Giulia. La vedemmo marrone anziché blu, ancora sommersa dal fango sin quasi a metà ruote, ma esattamente ferma dov’era sempre stata parcheggiata. Giulia non si era mossa, e niente le era finito addosso… Questa era già una buona notizia, che ci trasmise un po’ di conforto.
Ritelefonammo ai nostri meccanici di fiducia, ora gli spiegammo più in dettaglio la situazione. Claudio Sabetta, il titolare, mi gridò: “Veniamo io e Enzo a vedere. Ma tu stressali, digli che dobbiamo scendere al più presto con un jeeppone e trainarla fuori di lì. Se non la tiriamo fuori in fretta non la salviamo più!”…

giovedì 9 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 2

The day after

Un "anticipo" di quel che trovarono i soccorritori
L’indomani, mentre i giornali strillavano i soliti titoli a metà fra l’indignazione e la retorica, e la gente nelle strade già spalava spalava spalava (aiutata come sempre da giovani, ed eroici “angeli del fango”), gente – sia chiaro – oramai legittimamente infuriata contro tutto e tutti, quando Luisa ed io capimmo che a piedi, piano piano, ci saremmo potuti avvicinare al parcheggio di Corte Lambruschini, ci facemmo coraggio e ci mettemmo in marcia. In corso Buenos Ayres pareva esser esplosa una serie di bombe, riducendo la strada ad un paesaggio lunare da “the day after”, e qualche sciocco transitava in auto scattando foto coi cellulari…
Arrivammo così a Corte Lambruschini, che non è solo un’autorimessa, ma un voluminoso centro direzionale (con uffici, teatro, hotel…) costruito a fine anni ’80 – senza piacere a tutti - su progetto di Piero Gambacciani.
Ovviamente l’accesso al parcheggio era sbarrato da un nastro bianco e rosso, dall’alto si intravvedeva solo una inquietante massa scura d’acqua. Insieme ad un altro “sventurato”, un giovane nelle nostre condizioni (che inseguiva notizie della sua Audi fiammante), cercammo allora gli uffici amministrativi, dove un impiegato ci confermò che tutti i piani erano stati allagati, che il più presto possibile sarebbe iniziato il pompaggio dell’acqua, e che per almeno un paio di settimane non sarebbe stato possibile scendere a vedere le auto. Un tizio, anch’egli proprietario di un’auto ormai subacquea, per farci coraggio ci inflisse “Guardate, non illudetevi”…
Uscimmo dall’ufficio, come ci si può immaginare, tristi e disorientati. Ma il giovane dell’Audi, salutandoci, ci regalò un filo di speranza: “Beh, se è un’auto d’epoca voi avete qualche speranza in più di me, perché non contiene parti elettroniche… Bisognerebbe però estrarla al più presto, perché quell’acqua fa marcire tutto in fretta, e ha un odore terribile…”
Ci facemmo reciprocamente gli “in bocca al lupo”, dopodiché Luisa telefonò ad Enzo, uno dei nostri meccanici di fiducia (della mitica Officina “Beta” in via Robino a Genova), uno che conosce molto bene le Giulia e benissimo la nostra… All’inizio, appreso l’accaduto, Enzo sussurrò “Mio Dio…”

Poi, sentendo Luisa sempre più costernata, aggiunse: “Bisogna toglierla subito da lì, bisogna tirarla fuori al più presto!”

martedì 7 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 1

L'alluvione
L'alluvione in una foto de Il Secolo XIX
Genova. Giovedì 9 ottobre 2014, intorno alle ore 23.00, a seguito di una serie di violenti acquazzoni, il torrente Bisagno straripò soprattutto all’altezza del nodo ferroviario di Brignole e ancora una volta alluvionò tutte le aree circostanti.
Tale e quale all’8 ottobre 1970 (quando alunno di seconda elementare tornai a casa con mio padre in canotto), e sempre di giovedì. Le alluvioni sono la lezione della natura che i popoli non ricordano mai abbastanza (il Bisagno, torrente dall’aspetto mansueto e lungo appena 30 km, periodicamente si ribella all’alveo troppo stretto cui è stato condannato e fuoriesce dagli argini con legittima collera)…
Quel giorno, malgrado alcuni scrosci di pioggia molto intensi, nessuno dei soggetti preposti a vario titolo (direttamente o indirettamente) alla protezione e incolumità pubblica diramò l’allerta meteo o mise in qualche modo in guardia i cittadini (e come al solito nessuno, i giorni successivi al disastro, ebbe la dignità di dimettersi…).
La sera, quindi, intorno alle ore 21.00, Luisa ed io iniziammo a guardare un film in tv (“The Others” con Nicole Kidman), certi che le piogge peggiori fossero passate e che, dal punto di vista meteorologico, non ci fosse più granché da preoccuparsi.
Luisa ed io, infatti, posteggiavamo un’Alfa Romeo Giulia Nuova Super al livello -4 dell’autoparcheggio cosiddetto “di Corte Lambruschini”, proprio in zona esondabile.
L’avevamo usata anche la sera prima, per una focaccia col formaggio da “Mariano e Martino” a Giro del Fullo e, ironia della sorte, siccome pioveva, a fine giro l’avevamo anche sommariamente asciugata…
Durante il film “The Others”, malgrado le previsioni ottimistiche (e fallaci), la pioggia per due ore divenne un diluvio monsonico, tanto che poco dopo le ore 23.00 sintonizzammo un’emittente locale di solito ben posizionata sul pezzo (“Primocanale”) per avere notizie.
Fu in quel momento che già vedemmo l’acqua del Bisagno tragicamente invadere diversi punti del centro città, e addirittura allagare alcune vie della Foce, quartiere dove Luisa ed io abitiamo, oltretutto si allagarono vie (come via Cecchi, via Monte Suello…) dove il Bisagno nei suoi straripamenti, almeno a mia memoria, e ci vivo dal 1969, non era mai arrivato.
Ci guardammo sgomenti, il fenomeno era evidentemente di proporzioni paurose, fin troppo facile intuire che l’indomani Genova (città già in profonda crisi socioeconomica) si sarebbe nuovamente trovata in ginocchio, negozi devastati, aziende spazzate via dall’acqua limacciosa, auto distrutte, garage e cantine inagibili, strade e ferrovie in tilt, disagi a non finire…
Apprendemmo poi dell’esistenza di una persona scomparsa nei pressi del tunnel di Brignole, persona di cui nessuno aveva più notizie e che dunque si temeva fosse stata travolta da un’ondata di piena (quella persona infatti era già annegata).
Dopo circa 2 ore di dirette televisive, Luisa mi guardò e mi chiese, affranta: “Dici che anche Giulia è finita sott’acqua?”. Non trovavo la forza di risponderle, ma ero pressoché certo che fosse così, e – in tal caso - che non saremmo più riusciti a recuperarla… Un’auto parcheggiata al quarto piano sottoterra di un’autorimessa, costruita a pochi metri da un torrente che con cadenza regolare straripa ma che stavolta stava invadendo anche vie di solito sicure…, non riuscivo a sperare che si fosse salvata.
Facemmo qualche ultima telefonata ad amici e persone care per sincerarci che tutti costoro fossero al sicuro e stessero bene, e andammo a dormire, ma per diverse ore non riuscimmo a chiudere occhio.
Eravamo anche prostrati da quel che avevamo visto, fango distruzione disperazione, danni economici incalcolabili, e presto, di conseguenza, imprese e famiglie ridotte sul lastrico…
Genova de profundis, aldilà di ogni retorica Genova è una città in agonia da decenni, il dissesto idrogeologico non è che uno degli stupri che le sono stati inflitti dall’avidità e dalla ottusità umana…

lunedì 6 luglio 2015

Giulia che visse due volte - prologo

L'Alfa Romeo Giulia Nuova Super...resiste 
Il 9 ottobre 2014, durante l'alluvione di Genova, Giulia - posteggiata a livello -4 in un'autorimessa vicino al torrente Bisagno -  finì sommersa.
Rimase 42 giorni dentro un buio e maleodorante inferno di fango e distruzione.
Non ci sarebbe sembrato giusto lasciarla morire così.
Questa che state per leggere è la cronaca del recupero che ha dato a Giulia una seconda vita.
Grazie a Claudio, Enzo, e tutti gli amici dell'Officina "Beta" di Genova, con 6 mesi di lavoro un miracolo ritenuto quasi impossibile è oggi realtà.
Giulia, splendida quarantenne, corre di nuovo lungo le strade del presente e dell'avvenire.
Io che la guido porto al collo una piastrina d'argento, regalatami da mia moglie Luisa, recante la scritta "CREDO QUIA ABSURDUM", ci ho creduto perché era impossibile, perché non poteva accadere, ci ho creduto perché volevo crederci con tutto il cuore.
Speriamo che queste 18 puntate che stanno per cominciare siano una lettura toccante e formativa.
Buona Giulia a tutti!

Umberto Curti