giovedì 23 luglio 2015

Giulia che visse due volte - Parte 9

Vernissage a Fonteblanda...


Questo modello, che poi nell’ottobre 1977 chiuse 15 anni totali di gloriosa produzione Giulia, fu presentato a Fonteblanda nella tarda primavera 1974 (quell’anno peraltro fu "luttuoso" per l’Alfa, morì Orazio Satta Puliga, uno dei creatori di Giulia, e se ne andò sbattendo la porta il geniale presidente Giuseppe Luraghi). Ne furono prodotti, escludendo gli infelici 6.573 esemplari con motore diesel Perkins, ben 97.764 esemplari, ancora un buon risultato, tenendo anche conto della crisi petrolifera e della conseguente austerity che depresse l'Italia. Le differenze con le Giulie precedenti erano di fatto solo “estetiche”, per addolcire e ingentilire alcuni “spigoli” ormai un po’ datati, arricchendo inoltre il veicolo di optional - curiosamente obbligatori - così da garantirgli un avvicinamento alla classe 2000 cc e una ripresa di vendite in vista della progressiva uscita dal mercato: nuova calandra in plastica nera con “baffo” orizzontale cromato, scudo Alfa più largo, 4 proiettori di uguale diametro, nuovi paraurti con rostri di gomma nera e luci di posizione bianche sottostanti, feritoie anteriori in basso per l’aria, coppe ruote con impresso in “argento” lo stemma Alfa, tergicristalli tutti neri, cofani lisci, nuova scritta identificativa posteriore (senza il nome Giulia!), più massiccio utilizzo di materiali fonoassorbenti, moquette sul pavimento, sedili ridisegnati (anteriori dotati di poggiatesta regolabile, optional obbligatorio), pannelli portiere con solchi verticali, plancia in mogano con parte inferiore nera, volante a calice più pronunciato (optional obbligatorio), lunotto termico (optional obbligatorio), blocchetto di avviamento (con starter e acceleratore manuale) spostato sulla destra del piantone, strumentazione leggermente aggiornata e con orologio (optional obbligatorio), nuova consolle centrale in mogano (discendente sino al tunnel di trasmissione) con comandi climatizzazione, due nuove bocchette d’aria regolabili, termometro acqua, manometro olio, leva cambio, posacenere con accendisigari, levette di tergicristallo (2 velocità), illuminazione cruscotto e ventilatore (2 velocità). A richiesta si potevano infine avere il motore 1600 (che sino alla quarta marcia proponeva peraltro le stesse prestazioni del 1300), la vernice metallizzata, le ruote maggiorate 165 R 14.
A Genova, dove la prima nuova Giulietta, quella dalla linea a cuneo, recava la targa GE688…, circolò qualche Giulia con primo numero di targa 7, a testimoniare che alcuni irriducibili preferirono le ultime Giulia alle prime Giulietta, e col senno di poi (dato che in gioventù guidai per 6 anni una Giulietta 1.3) mi dico che non ebbero torto… La Giulietta in versione 1.3 non fu difatti un successo né per quanto riguarda il motore (un 1357 cc non troppo brillante), né per i consumi (eccessivi a causa del peso vettura * ), né per la manovrabilità del cambio (retrospostato in blocco col differenziale), né per l’avviamento (difficoltoso a caldo e con tempo umido), né per le rifiniture (famigerate le serrature e i pulsanti delle sicure!), né per la resistenza alla ruggine, che ad esempio fioriva alla base del parabrezza. Maldestro infine il primo serbatoio della benzina (poi sostituito dalla casa), originariamente costruito con un materiale che accartocciandosi segnava il pieno anche quando il carburante stava per finire… Mio padre restò in panne ad Arenzano per questa ragione, un attimo dopo essersi detto “ma come consuma poco quest’Alfa!”... Cose che sulla Giulia, prodotta dal 1962 al 1977, secondo me non sarebbero mai accadute.

* la Giulietta pesava quasi un quintale più della Giulia

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